Russia e Cina spingono gli altri Paesi BRICS a regolare gli scambi bilaterali in valute locali, bypassando il dollaro. Fine dell’egemonia americana nel mercato economico globale?
[Articolo pubblicato in data 27/09/2014 su ilcosmopolitico.it]
La “Guerra fredda”, si ripete. E di fronte ad un nuovo muro contro muro tra USA e Russia, che sta portando ad una nuova corsa agli armamenti, ci sono nuove variabili che determinano nuovi scenari di geopolitica. Pensiamo alla Cina e a tutti i paesi emergenti che con il loro potenziale economico, demografico, politico possono cambiare, e cambieranno lo scacchiere mondiale. A questo, probabilmente, avrà pensato la Russia già da un po’ di tempo, prima ancora che gli venissero applicate le sanzioni economiche legate alla questione dell’Ucraina, tanto da maturare la convinzione che fosse giunta l’ora di smarcarsi da Obama e dal suo petrodollaro, soprattutto ora che poteva contare su nuovi alleati per entrare in un nuovo sistema di relazioni internazionali. L’aria che si respira è quella di una vera e propria riorganizzazione finanziaria in Asia.
La banca di affari della Russia e la Bank of China hanno stipulato l’accordo VTB che consentirà di pagarsi scambiandosi valute nazionali, ossia yuan e rubli, e tagliare la dipendenza dal dollaro statunitense. Attualmente , oltre il 75% dei pagamenti commerciali tra Russia-Cina sono realizzati in dollari USA, secondo il quotidiano Rossiyskaya Gazeta. Il premier russo Dmitri Medvedev, intervistato dalla TV Rossiya, ha fatto appello ai Brics – sigla con cui si designano i mercati emergenti di Brasile, India, Cina e Sudafrica, oltre alla stessa Russia – affinché inizino a regolare gli scambi bilaterali in valute locali, bypassando il dollaro americano, perché tutti i paesi ne ricaverebbero benefici.
Mentre il ministro delle finanze russo Anton Siluanov, ha avvertito gli USA che il governo intende diversificare il proprio portafoglio di investimenti spostandosi su titoli a maggiore rendimento e che presentino rischi non eccessivi. Siluanov ha aggiunto che il ministero vuole evitare di investire nella valuta dei paesi ostili (tra cui gli USA) che impongono sanzioni contro la Russia, ed è allo studio l’acquisto di titoli di Stato del Brasile, India, Cina e Sudafrica, che insieme alla Russia sono conosciuti collettivamente come Paesi Brics. Il ministro non ha precisato la tempistica, anche se il rimpasto verrebbe effettuato in maniera graduale. Dunque la Russia sembra intenzionata a girare le spalle all’occidente liquidando più o meno rapidamente la sua quota di debito pubblico espresso dai Treasuries, i titoli di stato USA, il cui importo si aggira intorno ai 115 miliardi di dollari. Entità che comunque non comporterebbe stravolgimenti finanziari visto che la Federal Reserve potrebbe sempre intervenire per rimpiazzare gli acquisti.
Un’onda d’urto spaventosa ci sarebbe, invece, nei mercati dell’intero globo se tutti i paesi Brics (che hanno il 43 per cento della popolazione mondiale, il totale delle riserve in valuta estera ammonta 4.400 miliardi dollari, un fondo da 100.000.000.000$ di fondi per combattere la crisi valutaria) opportunamente coordinati, decidessero di vendere i Treasuries USA, e di reinvestire altrove la liquidità. La Fed non sarebbe in grado di monetizzare, e il terremoto finanziario sarebbe inevitabile. Basterebbero, a dire il vero, i Treasuries detenuti da Cina, Brasile e India pari a 1,6 trilioni di dollari, quasi il 10% dell’intero debito federale americano.
La Russia, se solo avesse l’appoggio della Cina, che detiene 1300 miliardi di Treasuries, in un’operazione congiunta di vendita e di reinvestimento altrove della relativa liquidità, potrebbe decretare la fine del dollaro come moneta di riserva mondiale. Nonostante resti solo un ipotesi, non è escluso che si verifichi la vendita, magari gradualmente nel prossimo futuro, considerati gli ottimi rapporti che hanno portato i due paesi nel recente Summit Shanghai Cooperation Organization (SCO) a siglare un accordo per affrontare congiuntamente le sfide estere.
Senza dimenticare che qualche settimana fa Vladimir Putin, insieme con il vice-premier cinese Wu Yi Zhang Gaoli, ha lanciato ufficialmente il gasdotto “La forza della Siberia” che va dalla Russia alla Cina. La nuova infrastruttura costerà 400 miliardi dollari e avrà un’operatività stimata in almeno trent’anni. Opere e rapporti di cooperazione tra i due paesi che lasciano intendere il reciproco sostegno che sicuramente metteranno in campo anche per detronizzare il biglietto verde.
Va detto poi per completezza, che per un paese Brics, che è in continua crescita, sarebbe una mossa senza senso dismettere i Treasuries, che ad ogni modo garantiscono un rendimento stabile e consentono di impiegare con profitto la liquidità nella valuta di riserva internazionale.
Molto più probabile vedere i paesi Brics reinvestire sempre meno alla scadenza in titoli del debito pubblico USA, cercando di rafforzare il sostegno reciproco tra i mercati emergenti. Se a questo fenomeno si aggiungessero gli scambi in valute locali, allora la fine della valuta a stelle e strisce diventerebbe una certezza.
Sebbene la completa “de-dollarizzazione”, ossia la fine del dollaro quale prima moneta di riserva internazionale, sia ancora molto lontana, il processo è iniziato ed è difficile che invertirà rotta.
Un interrogativo sorge spontaneo.
Se la Cina dovesse sbarazzarsi dei 1300 miliardi di dollari di Treasuries, sarà l’Europa a salvare l’America?
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